#PRIMOMARZO IN PIAZZA PER IL NOSTRO FUTURO

21 Feb

Il primo marzo torneremo in piazza. Noi, GENERAZIONE IN MOVIMENTO, nati o cresciuti in Italia, figli di migranti e di italiani, cittadini di questo paese e non, saremo in piazza per ribadire ancora una volta la nostra presenza al fianco di quei migranti e italiani che lottano quotidianamente contro il razzismo e lo sfruttamento. Lo faremo con le nostre parole e con la nostra musica. E useremo
l’hip-hop per animare nuovamente la giornata dei migranti.

Una giornata in cui torneremo a dire BASTA RAZZISMO ISTITUZIONALE e BASTA BOSSI-FINI, perché sappiamo che a causa di queste leggi chi perde il lavoro perde il permesso di soggiorno e la possibilità di restare in Italia, e che questa condizione coinvolge sempre più persone. Sappiamo, allora, che in realtà queste leggi vogliono obbligare tutti ad accettare condizioni di lavoro sempre peggiori solo per ottenere un permesso e restare qui. Il chiaro intento di queste leggi, allora, è quello di dividerci, ma noi, nella vita di ogni giorno, siamo uniti, perché ci unisce la voglia di stare insieme e lottare per un futuro migliore: ci sentiamo uguali e vogliamo vivere così.

Una giornata in cui torneremo ad urlare CITTADINANZA ORA e MEGLIO IUS SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI, perché, pur consapevoli che la cittadinanza non risolverà tutti i nostri problemi da un momento all’altro, e che anche chi è cittadino vive una realtà fatta di precarietà e sfruttamento, sappiamo che ottenerla è un passaggio necessario per migliorare la nostra condizione. Non è possibile, infatti, che a 18 anni un ragazzo che non trova un lavoro, che sia nato o cresciuto in Italia, corra il pericolo di venire rinchiuso in un Cie e di essere rimandato nel Paese d’origine solo perché non riesce ad ottenere un permesso di soggiorno.

Un momento in cui chiedere una ISTRUZIONE uguale per tutte e tutti, senza classi ponte, ghettizzazione, o discriminazione di razza o di classe. Vogliamo, invece, una formazione che non ci prepari ad un futuro fatto di sfruttamento e precarietà.

Il primo marzo saremo in piazza, non per odio ma per amore della nostra città, per chiedere e cominciare a costruire una città e una società diversa e migliore, per tutti.

LABORATORIO ON THE MOVE

PRIMO MARZO 2014 – ORE 15.00, Piazza dell’Unità – Bologna

Nuovo video On The Move – CRISI – Dies & Sphera

2 Dic

Tu puoi comprare il disco  C.R.I.S.I su http://www.distribuzionidalbasso.com/…/on-the-move-c-r…/ oppure direttamente al laboratorio On the Move ogni Martedì dalle 16 alle 19 a XM24 via Fioravanti 24 BO

Al di là di ogni ragionevole dubbio: On The Move e la nuova stagione

18 Ott

Do-the-Right-Thing

Un altro autunno è alle porte. Ma non lo stavamo aspettando perché come  sempre ci troviamo in movimento, perché il ritmo della nostra generazione  non conosce stagioni.  Ci ritroveremo di nuovo in piazza, scendendo in strada  come abbiamo sempre fatto per chiedere una città e una società diversa, senza  razzismo e sfruttamento, lottando contro quei confini che ogni giorno ci  vorrebbero tenere divisi. Evidentemente non stiamo aspettando che si faccia  avanti una stagione amica, che qualcuno bussi per svegliarci dal torpore estivo  ma, piuttosto, ci prendiamo le stagioni, una dopo l’altra, come abbiamo fatto  sinora. Il nostro calendario è sempre fitto di impegni e appuntamenti: dal  martedì con il nostro consueto laboratorio Hip Hop, passando per il sabato  con la nostra nuova trasmissione Catchin’ the vibes, fino ad arrivare ai nostri  concerti, alle nostre manifestazioni, alle nostre riunioni settimanali. Abbiamo  storie da raccontare, nuove reti da creare, nuove persone da conoscere e  nuove lotte da organizzare.

Vorremmo iniziare però con la storia di tre persone che non abbiamo mai  conosciuto di persona, ma che ci toccano e ci fanno riflettere, e che non  possono lasciarci indifferenti.  Crediamo che, in parte, le loro storie siano le  nostre storie e che, pur se sviluppatesi in contesti differenti dal nostro,  possano invece indicare degli spunti per comprendere meglio la realtà, in Italia  e non solo.

 Vogliamo parlare di Trayvon Martin, 17 enne afroamericano che la sera del  26 Febbraio del 2012 è stato freddato da George Zimmerman, “vigilantes per  diletto”, solo perché indossava un cappuccio, perché aveva “un fare sospetto”,  perché era un giovane afroamericano in una zona prevalentemente bianca. Ciò  che sbalordisce di più è che l’assoluzione del suo assassino si basa sul fatto che,  al di là di ogni “ragionevole dubbio”, quest’omicidio non ha caratteristiche    razziali. Decine di migliaia di persone, in prevalenza delle comunità  afroamericane e di colore, sono scese in strada per dire che la vita di un giovane nero non deve valere meno di qualsiasi altro, che indossare un cappuccio non deve dare licenza a maniaci armati di seguirti, in attesa di un pretesto per spararti e, in particolare, per dimostrare che la legge non è uguale per tutti negli Stati Uniti, ma che ancora costruisce differenze sulla linea del colore. Il nostro ragionevole dubbio, in questo caso, è che negli Stati Uniti, come in Italia, ci sia razzismo non solo a livello di pregiudizio ma anche a livello di legge. Il nostro ragionevole dubbio è che esso debba essere chiamato con il suo nome: razzismo istituzionale. Ma, nel dubbio, non esitiamo a sparare a zero contro il razzismo istituzionale in salsa italiana, quello che vede la sua massima espressione nella legge Bossi-Fini, così come il nostro bersaglio non possono non essere quanti ancora  impediscono che venga riconosciuto un diritto elementare come quello dello Ius Soli.

Vogliamo parlare di Israel Hernandez-Llach, in arte Reefa, writer e skater di Miami di origini colombiane, ucciso con un taser a 18 anni durante un fermo di polizia, tutto per una tag. Ci chiediamo come sia possibile che fare una tag possa costarti la vita e non riusciamo a trovare risposte. D’altronde è recente la notizia che a Milano due writers sono stati condannati a 6 mesi e 20 giorni per il reato di associazione a delinquere finalizzata all’imbrattamento e al deturpamento di alcuni edifici. Una sentenza clamorosa! Anche la procura di Bologna segue l’esempio milanese aprendo due inchieste su “4 tag”. Questo tipo di rimedi dimostra come, nonostante i pregi e i difetti di ogni “pratica”, non si cerca affatto di conoscere a pieno il fenomeno, ma lo si strumentalizza molto volentieri per fini elettorali. Sappiamo che non tutti comprendono l’arte del writing e spetta anche a noi  raccontarla e farla conoscere. Ma non ci sono giustificazioni per la morte di Israel. Vogliamo sottolineare che il writing, l’arte di strada, non è sempre legale, ma non ferisce, non opprime la comunità, non toglie vite. Individuare nei giovani, specie se di colore, la fonte di ogni pericolosità sociale e dare alla polizia carta bianca di reprimere, quello sì che ferisce e uccide. E questo per noi è il vero pericolo.

Vogliamo anche parlare di Pavlos Fyssas, Killah P, rapper e antifascista, ammazzato dai neonazisti di Alba Dorata in Grecia. Inseguito e accoltellato mentre la polizia, che in maggioranza vota lo stesso partito dell’assassino, è rimasta a guardare. Era un MC, come molti di noi, che con la sue parole e la sua tecnica si era sempre opposto all’avanzata del neofascismo nel suo paese, avanzata di cui lui stesso è caduto vittima. Cambiano nome, cambiano sigla, ma anche in Italia c’è chi promuove razzismo, prende di mira chi e’ diverso, e si fa forte della violenza di branco, una violenza infame. Noi siamo dall’altra parte, contro l’ingiustizia che vogliono creare e l’ignoranza che vogliono diffondere.

Il racconto di queste storie è per noi un passaggio importante per comprendere il perché delle nostre attività: come Laboratorio On the Move, infatti, ci troviamo a metterci in gioco in tanti modi, anche molto diversi tra di loro: facciamo musica, politica e community organizing. Riteniamo fondamentale contrastare il razzismo istituzionale che vuole dividere la nostra generazione, e per queste ragioni intendiamo spiegare e promuovere le nostre culture artistiche contro chi le vorrebbe oscurare e criminalizzare, perché vogliamo promuovere una visione della società, della cultura e della politica fondata sull’uguaglianza.

Un’uguaglianza che alla nostra generazione “in movimento” viene ancora negata: le nostre crew non chiedono il permesso di soggiorno a chi vuole farne parte, ma a 18 anni molti di noi si trovano a dover lavorare per  ottenere un foglio di carta e poter rimanere in Italia. E’ per questo che da tempo abbiamo deciso di lottare, gridando “Cittadinanza Ora” e “Meglio Ius Soli che male accompagnati” nelle strade e nelle piazze di Bologna. Ma allo stesso tempo non pensiamo allo Ius Soli come qualcosa che risolverà tutti i problemi della nostra generazione. Riconosciamo, infatti, che oramai alla cittadinanza non sono associati tutti quei diritti e quelle possibilità di accesso al welfare che venivano un tempo garantiti ai cittadini. La precarietà è piuttosto divenuta la normalità, è un processo consolidato, stabile, e che colpisce chiunque. Il ricatto della precarietà e della disoccupazione si aggiunge – è bene sottolinearlo ancora una volta – a quello di quanti, tra noi, sono costretti ad accettare qualsiasi lavoro pur di ottenere un permesso si soggiorno. D’altra parte, la più recente tragedia di Lampedusa, ha fatto improvvisamente parlare molto delle migrazioni. Il mediterraneo è diventato da decenni un luogo di morte, e ci auguriamo che smetta di essere un cimitero in mare. Ma sappiamo che questo non accadrà mai se si continua a piangere i migranti solo quando muoiono per poi ignorarli quando vivono, quando lottano, quando rivendicano diritti e la fine della legge Bossi-Fini. Per far si che il mediterraneo smetta di essere un cimitero a cielo aperto bisogna conquistare diritti per i migranti, su entrambe le rive del mare.

Sembra quindi chiaro, in ogni caso, che le vecchie coordinate non sono più valide per stabilire il nostro agire. Ciò che è certo, invece, è che tocca a noi il compito di ridisegnare le mappe, abbattere i confini 

132706991_433123ccosì da disegnare nuove rotte.

Tocca a chi, come noi, è sempre in movimento.

#MOVE PARTY // MEGLIO IUS SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI //

10 Giu

#MOVE PARTY

// MEGLIO IUS SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI //

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Finalmente arriva il momento che stavamo aspettando: il 16 giungo, in piazza dell’Unità, ci sarà il Move Party.  Ebbene sì, questo è il momento che aspettavamo per poter dire finalmente la nostra, e farlo a modo nostro, con il nostro linguaggio, con la nostra musica, con le nostre parole. Dopotutto non siamo certo stati in silenzio negli ultimi anni, e non abbiamo intenzione di farlo proprio ora che il dibattito è sulla bocca di tutti, proprio ora che tutti parlano di cittadinanza e di ius soli.

 In questi mesi, in effetti, ci hanno accompagnato diverse dichiarazioni che cercavano di stabilire i criteri per diventare italiani. Ci hanno accompagnato, ad esempio, le artificiose proposte ingegneristiche di alcuni parlamentari che vorrebbero evitare che la cittadinanza sia basata solo sullo ius soli, e che vorrebbero legare il raggiungimento dell’italianità ad un percorso a ostacoli fatto di test, esami di lingua, nonché alla sottomissione ad una presunta uniforme e superiore cultura italiana. Ci hanno accompagnato, poi, le diverse dichiarazioni del razzismo a cinque stelle di Grillo, nuovo paladino della patria, ultimo baluardo della difesa del popolo dall’invasione straniera. Ma ci hanno accompagnato anche i soliti insulti dei leghisti, come quelli di Borghezio alla ministra Cécile Kyenge, responsabile di aver condotto la questione dello ius soli fin dentro l’agenda politica del nuovo governo, o come quelli più recenti, in salsa bolognese, del consigliere regionale della Lega Nord Manes Bernardini.

Meglio ius soli che male accompagnati! Questa è la nostra posizione riassunta in una battuta. La posizione di chi continua ad essere considerato straniero, di quelli che continuano ad essere etichettati come seconda o terza generazione solo perché nati da genitori migranti. Quella di chi è continuamente accompagnato dal ricatto del permesso di soggiorno, di chi deve accettare qualsiasi lavoro, a qualsiasi condizione, pur di restare in Italia dopo il compimento dei 18 anni. Ma non siamo ingenui, non pensiamo che la cittadinanza sia la soluzione a tutti i mali. Anzi. Crediamo che dietro le tante proposte attuali di concedere la cittadinanza si nascondano, invece, nuovi tentativi di costruire gerarchie, nuovi tentativi di farci diventare gli ultimi della classe. Crediamo che dietro le tanto amorevoli parole di integrazione non ci sia altro che il tentativo di integrarci secondo criteri legati all’accettazione di lavori sempre peggiori e sempre più precari. Crediamo, però, di non essere soli nella battaglia che stiamo facendo, perché siamo la generazione in movimento, siamo italiani e figli di migranti, nativi e non, siamo cresciuti insieme, nella stessa classe, e non accetteremo che qualcuno tenti di dividerci tra cittadini di serie A e cittadini di serie B o ci descriva come la semplice estensione delle terre da cui provengono i nostri genitori. Per queste ragioni il 16 giugno saremo in piazza, insieme al Coordinamento Migranti, per il Move Party, una giornata in cui finalmente potremo dire la nostra, senza cattive compagnie.

 

On The Move 

ON THE MOVE SI PROIETTA AL LUMIERE

23 Apr

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On The Move è oramai inarrestabile. Ne sanno qualcosa i duecento ragazzi presenti alla cineteca di Bologna lo scorso giovedì, provenienti da diversi istituti tecnici e professionali della città, ed accorsi al Lumiere per partecipare ad una mattinata interamente dedicata al tema delle migrazioni. L’iniziativa organizzata da Amitie si è svolta, però, senza rispettare i canoni classici: erano i ragazzi stessi a ritmare la discussione, ad alternare musica a momenti di dibattito. Tutto questo grazie alla presenza del Laboratorio On The Move che ha fatto da relatore e da moderatore della discussione. Si è così parlato della legge Bossi-Fini e di come questa colpisca anche chi è nato in Italia. Si è parlato della situazione di chi ogni giorno subisce il ricatto del permesso di soggiorno legato al lavoro. Ma si è anche parlato di chi quotidianamente reagisce a questo stato di cose, come fa il Coordinamento Migranti di Bologna che lotta per migliorare le condizioni di vita e lavorative dei migranti. On The Move ha così mostrato come i migranti in questi anni non siano stati in silenzio ma piuttosto i protagonisti di un percorso che ha portato, ad esempio, agli scioperi del primo marzo degli scorsi anni e, non da ultimo, alla manifestazione generale dei migranti del 23 marzo a Bologna. Percorso in cui la voce dei figli di migranti si è fatta sentire proprio grazie ad On The Move, che ha unito hip-hop e politica per lottare contro la legge Bossi-Fini. La stessa musica che ha alternato la discussione giovedì mattina e che è stata poi riproposta, sempre al Lumiere, venerdì sera con un vero e proprio concerto, dove si sono alternati, oltre ai rapper di On The Move, anche i B-Boy e Dj Lugi. Un concerto durato tre ore, con ospiti eccezionali della serata Claver Gold e Kenzi Kenzei, e con un palco che di ora in ora sembrava sempre più piccolo, riempito com’era dalla presenza di numerosi rapper. Uno spettacolo fantastico per il pubblico che, numeroso, riempiva il piazzale della Cineteca. Uno spettacolo che ancora una volta lancia un messaggio molto chiaro:

Do The Right Thing, cancelliamo la legge Bossi-Fini!

23 MARZO – MANIFESTAZIONE GENERALE CONTRO LA BOSSI-FINI

18 Mar

23 marzo #bastabossifini: Ricominciamo a sognare!

18 Mar

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“Cambiano leggi, governi, presidenti, ma qui gli inverni sono sempre più freddi”

Ancora oggi in Italia esiste una legge che incatena le nostre vite e quelle dei nostri genitori. Questa legge si chiama Bossi-Fini. Legando il premesso di soggiorno al contratto di lavoro questa legge  vincola le nostre scelte. Perché? In che modo? Se sei figlio di migranti e non hai la CITTADINANZA ITALIANA a 18 anni rischi di essere espulso se non trovi un lavoro che ti permetta di rinnovare i documenti per rimanere in questo paese.

Quando si finiscono le scuole medie ci troviamo di fronte a una scelta: che scuola superiore frequentare? Chi sceglie di fare il liceo e poi l’Università ha bisogno se non ha la cittadinanza italiana di un permesso di soggiorno per motivi di studio che comporta consistenti vincoli (http://www.immigrazione.regione.toscana.it/lenya/paesi/live/contenuti/percorsoguidatoaiprocedimenti/pdstudiouniversita/faq.html).

Ogni nostra scelta è legata alla speranza di un lavoro. Per questo motivo la maggior parte di noi sceglie di frequentare gli istituti professionali con la speranza di avere una qualifica specifica che ci permetta di trovare facilmente un lavoro.

Con l’acutizzarsi della crisi inoltre, i nostri genitori stanno perdendo il lavoro e di conseguenza il permesso di soggiorno e questo li spinge a scegliere di tornare nel paese di origine. Molti di noi sono nati in questo paese o sono arrivati qui da piccoli e solo il pensiero di andare via dal proprio paese verso posti quasi sconosciuti per colpa di un pezzo di carta ci fa rabbia.

Per questi motivi il 23 Marzo saremo in Piazza XX Settembre a Bologna per dire:

–       Per dire no alla BOSSI-FINI

–       NO al Permesso di Soggiorno legato al Contratto di Lavoro e al Reddito

–       NO al Razzismo Istituzionale

–       NO ai CIE

9 Gen

9 Novembre 2012, Milano, CSOA Cox18

Presto, read the Communist Manifesto Guerillas in the midst, a Guevara named Ernesto

The Coup, Dig it, 1993

We are The Coup, from Oakland California. What we want is the democratic control of the means of production by the people

In questi anni ministri, «tecnici» e non hanno spesso fatto notare che il rifiuto del lavoro si manifesta sempre di più nello sfogliare pagine internet, attività che evidentemente impedisce un buon rendimento produttivo. Sfogliando internet sul cellulare in un momento di pausa rubata al lavoro, un nostro compagno ha visto un evento che gli è saltato subito agli occhi: the Coup in concerto al Conchetta di Milano. Ha immediatamente condiviso la notizia con altri, mettendo su in tempi rapidi una macchina per andare da Bologna a Milano.

continua a leggere…

http://www.connessioniprecarie.org/2013/01/08/spitting-dialectical-analysis-chiacchierando-con-boots-riley-di-hip-hop-lotta-di-classe-occupy/

 

DO THE RIGHT THING: OCCUPY!

3 Dic

do the right thing

 Studiando e occupando si impara. Non certo lo studio in quanto tale, sia   chiaro: abbiamo imparato molto presto che ormai da molti anni hanno fatto  retrocedere tutto il mondo della formazione (la scuola in particolare) da una presunta serie A in seconda categoria. Non accontentandoci, ci siamo accorti che non solo esistono scuole di seria A e serie B ma che il divario tra queste due è aumentato notevolmente.

Poi, certo, ci sarebbero le fondazioni, come quella delle Aldini Valeriani,che sembrano non essere scuole, o forse lo sono, non è dato saperlo. Quello che sappiamo è che lì si impara a lavorare lavorando, si indossa subito la tuta da operaio, e non si rimanda al futuro la scelta sul “cosa voler fare da grande”.

Il futuro sembra così già scritto, la fretta di entrare nel mondo del lavoro aumenta e, ora che il lavoro non c’è, i nostri genitori sono o rischiano di essere disoccupati e, a causa della crisi, ci chiedono di portare il più presto possibile i soldi a casa. Questo vale per tutti, anche per chi di noi frequenta licei o istituti tecnici, siano essi il Rosa Luxemburg piuttosto che il Laura Bassi o il Minghetti.

Appartenere a istituti diversi allora non conta, perché in realtà apparteniamo alla stessa classe. Ed in questa classe ci sono condizioni che ci accomunano ed altre che ci differenziano. Nel laboratorio On The Move impariamo ogni giorno questo. Ad esempio impariamo che alcuni di noi, figli di migranti, a 18 anni sono costretti ad andare a lavorare se vogliono restare in Italia, perché secondo la legge Bossi-Fini se non lavori non puoi avere il permesso per vivere in questo Paese. Impariamo che chi è figlio di operai e precari ha sempre più difficoltà a continuare gli studi. Impariamo, infine, che il mondo della formazione attuale vuole prepararci per un futuro fatto di sfruttamento e precarietà.

La condizione di precarietà colpisce fortemente anche i nostri insegnanti. Gli stessi insegnanti che poco stanno facendo, però, per contrastare l’ennesima riforma dell’istruzione. Forse questa volta sono loro a dover imparare da noi, per il momento si meritano un voto insufficiente, perché lo sciopero bianco dimostra che “si impegnano poco e non riescono” a contrastare la legge Aprea, una legge che taglia del 20% i fondi ai nostri istituti già disastrati e che in pratica costringe gli Istituti a trasformarsi in Fondazioni per trovare il proprio sostentamento. Una legge che trasforma i Consigli d’Istituto in Consigli d’Amministrazione, composti per il 50 % da “esterni”, ovvero da privati che dovrebbero finanziare le Fondazioni e che potranno persino decidere della pianificazione del Piano d’Offerta Formativa (POF) che una volta spettava al Collegio dei Docenti. Questa legge, in sintesi, oltre a cancellare la famosa libertà d’insegnamento, e l’autonomia del sapere, dichiara, quindi, che saranno i privati a decidere come organizzare le scuole schiacciando la formazione solo sugli interessi delle imprese. Ci insegneranno, in pratica, a farci accettare qualsiasi condizione di lavoro con paghe sempre più basse. Ma sappiamo, ancora una volta, che questa riforma, proprio come la crisi, non colpirà tutti allo stesso modo: ci saranno Istituti capaci di trovare i fondi e altri no, così come ci saranno studenti benestanti che andranno negli istituti migliori e altri no.

Noi abbiamo imparato tutto questo e, occupando le scuole, stiamo imparando come lottare contro la riforma della scuola, preparando il terreno per lottare contro ogni forma di precarietà, sfruttamento del lavoro e impoverimento del sapere.

Perché non si può fermare chi, come noi, è sempre in movimento!

ON THE MOVE – jam culture 17/11/2012 Presentazione dell’ultimo libro di U.Net “Louder Than A Bomb” ora online in 4 parti. Buona visione!!

27 Nov